venerdì 29 aprile 2011

Una E nel futuro dell'informazione. Il nuovo magazine di Emergency


Al workshop conclusivo di questa sera, a Villa Murri, partecipa anche Stella Spinelli, redattrice del gruppo Peacereporter-Emergency. Il suo intervento sarà una testimonianza di un’attività scomoda e pericolosa di informazione, quella di reporter sul fronte di paesi sovraccarichi di violenze. PeaceReporter è un progetto particolare, in cui ognuno dei redattori mette la propria professionalità a disposizione di una idea: quella della abolizione della guerra. “Possiamo farlo – dice Spinelli -, per quel che ci compete, attraverso il racconto della vita, e purtroppo anche della morte, di chi guerre e conflitti subisce. Ma anche di quei posti del mondo dove la guerra non è guerreggiata, ma nei quali la cultura della guerra è sempre più forte. Ma Stella Spinelli spiegherà anche il lancio di un nuovo magazine, E, il mensile di Emergency, l’associazione promossa da Gino Strada (Peacereporter è una emanazione di Emergency stessa). Il mensile è diretto da Gianni Mura, giornalista di Repubblica, e Maso Notarianni.Presentandolo Notarianni ne riferisce come di un giornale che “parla del mondo e dell'Italia che vogliamo. Una rivista bella, utile e intelligente, che racconta storie vere e approfondisce l'attualità ispirandosi ai valori di EMERGENCY: uguaglianza, solidarietà, giustizia sociale, libertà. Le cose in cui preferiamo credere. E queste non sono favole.”
Per gustare meglio il sapore di questa nuova rivista riportiamo un brevissimo stralcio del dialogo tra Gianni Mura e Gino Strada, apparso sulle pagine del primo numero…
Gino, chi ce lo fa fare?
«Potrei dare duecento risposte. La tua, direttore?».
Una sola: me l’ha chiesto la famiglia Strada e non potevo dire di no. E adesso, qualcuna delle tue duecento.
«La rabbia, la delusione, il vedere lo schifo che è l’Italia, la voglia di reagire, la voglia di avere qualche piccolo sogno, qualche speranza piccola piccola, alle cose grosse ormai non credo più. Almeno, smettere di essere inerti».
Concordo sulla piccola speranza. Tu vedi uno spazio?
«Non so se ci sia ancora uno spazio, una possibilità di recupero per un discorso culturale. Forse abbiamo aspettato troppo tempo e dire che l’Italia s’è imbarbarita è come offendere i barbari».
Cultura è una parola che fa paura.
«Almeno ci proviamo».
Adesso proviamo a definire il nostro mensile con due aggettivi. Comincio io. Ricordo che per il tuo primo libro, Pappagalli verdi, avevo usato due aggettivi, caldo e asciutto, che ti erano piaciuti, anche se potevano sembrare la réclame di un pannolino. Per il giornale, dico utile e bello. Utili i contenuti, belle le immagini ma anche la scrittura e prima ancora la pulizia della scrittura. Vorrei un giornale in cui tutti scrivono qual è senza apostrofo, in cui non si sbagliano le parole straniere, in cui c’è la stessa cura dei testi, dal grande reportage al piccolo box.
«Aggiungo un altro aggettivo: intelligente. L’intelligenza non è una qualità innata, la si coltiva. Quindi io vorrei un giornale che si facesse leggere, che facesse riscoprire il piacere della lettura e dell’informazione».
Auguri dunque a questa nuova fatica.

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